Codice Corso: VS25082
Anno di corso: 1
Semestre: 2
Ore: 2
Crediti: 3
Tipo esame: Prova Orale
Docenti
Il discernimento è riproposto nell’attuale cammino ecclesiale come dinamica necessaria dell’esistenza credente e metodo nella prassi pastorale. Si pensi alle Assemblee sinodali sulla famiglia e sui giovani; al Magistero di Papa Francesco. Tuttavia, sebbene già dal Vaticano II sia auspicato un ritorno all’esercizio della coscienza personale ed ecclesiale, permangono riserve circa l’autonomia morale, quale costitutivo dell’agire etico. Di conseguenza appare il pericolo di una fallacia: in linea teorica si riconosce la possibilità razionale dell’uomo, ma sotto il profilo morale ci si limita a valutare la correttezza di un’azione dalla giustezza del procedimento e dalla conformità alle norme. Riflettere sull’agire intenzionale, dunque, colloca la riflessione sugli atti umani tra l’ordine morale, la serietà del capire/decidere in coscienza e il ruolo di Dio in questo impegno di responsabilità. È chiamata in causa l’identità stessa del discernimento, che rischia di ridursi a espediente sofistico per dilazionare situazioni complesse o per differire decisioni spigolose. Discernere è attraversare la decisione per giungere alla scelta; si tratta di un presupposto e non di un correlato. Nel testo si analizzano diverse prospettive argomentative con il supporto di J.M. Aubert ed E. Chiavacci e di altri teologi post-conciliari. L’enciclica Veritatis splendor, afferma che «la legge di Dio non attenua né tanto meno elimina la libertà dell’uomo, al contrario la garantisce e la promuove» (n. 35), la vera autonomia è dono creazionale ed effetto della redenzione. L’uomo, pertanto, è creato capace di partecipare alla sapienza divina e in questa relazione, razionale e storica, è abilitata la sua creatività nel mondo.
Programma:
Il tentativo è quello di comprendere la dinamica del giudizio a livello di coscienza e all’interno della storicità umana. Sono chiamati in causa i due piani del moralmente buono e del moralmente corretto: il primo identifica la bontà della persona, il secondo la correttezza dell’azione. Due piani non separabili, ma propri di una continuità del vivere umano che lo sguardo all’opzione fondamentale permetterà di leggere; un agire personale, dunque, frutto di una intenzionalità assunta dalla quale scaturiscono criteri e modalità d’intervento.
La lettura dei contributi degli autori è stata condotta con alcune domande specifiche e con una griglia argomentativa. Per l’acquisizione di tali strumenti si è debitori alle indicazioni del Vaticano II e al pensiero di un altro moralista significativo del dibattito teologico-morale postconciliare: J. Fuchs.
Il cammino unitario di questo studio si snoda in tre tappe fondamentali: la moralità personale, la dinamica della decisione, l’atto morale. Tale distinzione è possibile solo nella prospettiva accademica dell’illustrazione, ma di fatto – come si vedrà – si tratta di un unico momento dell’esperienza morale personale. Nella consapevolezza che la persona in azione, attraverso “l’intelletto e la volontà”, è chiamata a questa triade che, seppur non esplicitata di volta in volta, è presente come ascolto della coscienza, discernimento personale, operosità storica. E ancor più si può dire che in azione è possibile cogliere una dinamica del decidere che progressivamente rivela la moralità dell’agente proprio nella continuità della sua esistenza fattuale.
Avvertenze:
Bibliografia:
S. Purcaro, Creati creativi. La creatività dell’uomo tra immagine di Dio e discernimento, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2019;D. Abignente, Conversione morale nella fede. Una riflessione etico-teologica a partire da figure di conversione del Vangelo di Luca, Gregorian University Press-Morcelliana, Roma-Brescia 2000; Id., Decisione morale del credente. Il pensiero di Josef Fuchs, Piemme, Casale Monferrato 1987; J. Sobrino, «La sequela di Gesù come discernimento cristiano», in Concilium 14 (1978) 35-49; G. Piana, L’agire morale. Tra ricerca di senso e definizione normativa, Cittadella, Assisi 2001.